
Sono mesi di grande complessità per le organizzazioni. Alle prese con l’ennesimo nuovo scenario pandemico e normativo, impossibilitate a dare una soluzione certa e univoca al come lavoreremo domani (e stavolta il domani è letterale).
Il regime semplificato sullo Smart Working è stato prorogato in via transitoria ancora una volta fino all’estate e come giustamente rileva Chiara Bisconti (che del tema qualcosa conosce), non si sa se prenderla come una buona notizia o meno.
I media tradizionali pubblicano statistiche su quanto sia diffuso il ritorno alla vita “normale”, con 5 giorni su 5 in ufficio, traffico in salita, umori dei pendolari in picchiata.
Airbnb nel frattempo lancia la policy “work from anywhere” che rappresenta una sintesi perfetta di comunicazione esterna e interna, e un’occasione di posizionamento commerciale imperdibile per chi gestisce locazioni anche dai luoghi più sperduti.
La settimana scorsa a quest’ora ero in spiaggia in Sardegna, una decisione presa last minute dopo un periodo un poco complicato. Ho messo in valigia l’ultimo libro di Lynda Gratton, mio faro sul futuro del lavoro. Lo avevo sul comodino da settimane, me lo sono portata dietro nell’unico weekend di vera disconnessione degli ultimi tempi. In tre giorni me lo sono divorato, e ho fatto la foto che vedete sopra. Mentre la scattavo mi sono interrogata su questa continua intersezione fra vita, lavoro, spazi privati, spazi pubblici, riposo e professionalità.
Mi sono detta di essere molto fortunata, perché mi piace fare quello che faccio, non potrei fare a meno di aggiornarmi in maniera costante, non soffro l’ufficio e ancora meno soffro il lavorare da casa – e men che mai soffro leggere un libro “di lavoro” sdraiata al mare (e ci mancherebbe pure).
Mi rendo conto che è un grande privilegio, e mi rendo conto anche che tutte le discussioni degli ultimi due anni si sono focalizzate tanto sugli spazi “nuovi” del lavoro. Oggettivamente, sono l’elemento più dirompente di questo scongelamento del mondo del lavoro, che ha visto open space svuotati, treni non stipati, papà davanti alle scuole.
Lo spazio è senza dubbio un fattore cruciale nell’esperienza lavorativa, sia per l’apparato simbolico che si porta dietro (la scrivania, la poltrona in pelle umana, la mensa) sia soprattutto per la “segnaletica umana” che lo caratterizza. Stimoli ambientali, espressioni del viso o del corpo, incontri casuali, conversazioni intercettate con un orecchio mentre si fa altro costituiscono parte della grammatica del lavorare assieme. Due anni di lontananza ci hanno resi sicuramente più sgrammaticati, ma più edotti nella relazione digitale, a mio avviso altrettanto importante anche in ottica futura.
Il problema riguarda però soprattutto chi non ha avuto l’opportunità di avere nemmeno un alfabetizzazione relazionale minima, e che è quindi alle prese non solo con l’acquisizione di un ruolo dopo l’università (a sua volta vissuta a distanza) ma anche di un codice di condotta minimo per rapportarsi coi colleghi e per fare propria la cultura aziendale.
Cultura aziendale che purtroppo è spesso esplicitata in manifesti davanti alle macchinette del caffè o in screensaver imposti centralmente, ma non conosciuta e vissuta davvero a tutti i livello organizzativi, sia da remoto che – effettivamente – davanti alla macchinetta del caffè stessa.
A mio parere sarà il tempo, più dello spazio, a condizionare il modo in cui lavoreremo domani. Ma di certo lo spazio può essere utilizzato come straordinario strumento di fiducia e altrettanto straordinaria leva di socialità, sempre che quest’ultima sia di qualità. Lo spazio fisico può essere abilitatore di relazioni, di scambi, di semiotica professionale essenziale. Ma va riempito di senso. Idem per lo spazio digitale, che crea opportunità impensabili, anche rispetto allo sviluppo di competenze di comunicazione e networking. Anche qui, va riempito di senso.
Non so se l’amore sia la risposta giusta, vediamo se arriva qualche ispirazione da Harvard Business Review, mentre parto di nuovo.
Buon viaggio anche a lavoratori e aziende e buon Primo Maggio a tutti!

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