La porosità del tempo

Negli ultimi anni sono sempre più affascinata dal discorso sul tempo al lavoro, e ho letto numerosi saggi che toccano questo argomento.

Nel weekend scorso sono incappata in due libri che citano una ricerca che non avevo mai sentito e che si è rivelata davvero interessante.

Time porosity, “porosità del tempo”, è un’espressione coniata da Emilie Genin, professoressa presso la École de relations industrielles dell’Università di Montreal.

Proprio come con la porosità di un materiale, cioè il rapporto tra il volume dei vuoti esistenti e il suo volume complessivo, Genin introduce un analogo concetto relativo all interferenza tra il tempo del lavoro e il restante, quello personale. L’autrice parte dalla definizione stessa per arrivare alla proposizione di un framework teorico in grado di analizzare le varie forme del fenomeno e del contesto in cui esso si sviluppa.

La porosità del tempo implica che le attività lavorative e quelle personali si influenzano a vicenda e si sovrappongono, e che non c’è sempre una distinzione così netta tra il tempo di lavoro e il tempo libero. Essa è stata resa possibile dalla diffusione delle tecnologie digitali, che consentono ai dipendenti di rimanere connessi e di lavorare da qualsiasi luogo e in qualsiasi mo-mento. Ciò ha permesso una maggiore possibilità di conciliare vita lavorativa e privata, ma può anche comportare difficoltà nella gestione del tempo e della produttività, e una maggiore pressione per essere sempre disponibili e connessi.

L’autrice riporta tre esempi per meglio chiarire il concetto: il lavoro a casa, la sovrapposizione strutturale e quella personale.

Nel primo caso si tratta di un’estensione del lavoro oltre il consueto orario e non un semplice cambiamento del luogo di lavoro (…)

Per sovrapposizione strutturale si intende invece tutti quei casi dove il tempo di lavoro e quello personale coincidono per richieste dove la demarcazione diventa difficile da stabilire: i pranzi o le cene aziendali, i trasferimenti e i viaggi che richiedono una mobilità che impiega tempo al di fuori del normale orario lavorativo.

Infine con sovrapposizione personale si intende tutto quel tempo dedicato ad attività personali che sono svolte durante l’orario di lavoro: telefonate, e-mail e chat personali, acquisti o consultazioni online. Anche in questo caso la porosità è favorita dalle tecnologie: nulla di più facile per una persona che già lavora davanti a un monitor. E se anche questo non fosse disponibile c’è sempre l’immancabile smartphone personale a portata di mano.

L’era dei modelli di produzione industriale è in gran parte oramai superata e sostituita da nuovi modelli produttivi. Questo cambiamento è il risultato di diversi fattori: in particolare l’introduzione di nuove forme di organizzazione del lavoro, in molti casi favorite dalla diffusione delle tecnologie digitali che hanno dematerializzato i confini fisici dell’ufficio decentralizzando e trasformando la produzione.

I modelli produttivi postindustriali hanno quindi messo in discussione l’adeguatezza dei meccanismi e i metodi di regolamentazione dell’orario di lavoro inizialmente progettati.

Nonostante questo, il modo con cui le organizzazioni definiscono e misurano i carichi di lavoro è rimasto pressoché lo stesso: la quantificazione del tempo. Al profondo cambiamento che ha interessato la natura del lavoro, non è corrisposto una sostanziale modifica del metodo con cui esso viene misurato.”

“Nella sua illuminante analisi teorica dei nuovi rapporti tra tempo e lavoro, Emilie Genin, ha introdotto il concetto di “porosità del tempo” (time porosity) per indicare le possibili forme di interferenza tra ciò che è considerato tempo del lavoro e ciò che è considerato tempo personale. Questa bipartizione intercetta appieno le logiche del mondo moderno, in contrapposizione con gli assunti delle società tradizionali. Nelle società preindustriali, infatti, queste due forme di tempo erano sovrapposte: il tempo e così anche lo spazio di vita erano totalmente sovrapposti e inscindibili dal tempo e spazio del lavoro – si pensi alle fattorie, che erano allo stesso tempo abitazioni e sedi di lavoro e sostentamento. E con l’avvento delle società industriali che si è verificata la netta separazione tra queste due forme di tempo, aprendo la strada a inusitati scenari di gestione, contaminazione e parcellizzazione del tempo di vita. L’idea di “porosità del tempo” rappresenta pertanto una sfida tesa a incentivare nuovi modi di ripensare il rapporto dialettico tra tempo personale (di vita, creativo, destrutturato, libero, da utilizzare per la coltivazione di sé) e tempo del lavoro (produttivo, scandito da impegni, strutturato), alla luce delle nuove configurazioni lavorative abilitate dallo smart working.”

“Lo Smart working tra la libertà degli antichi e quella dei moderni” a cura di Francesco Maria Spanò (Rubettino) e “Governare il tempo” di Francesco Muzzarelli e Francesco Tomba (FrancoAngeli) sono i due testi che mi hanno permesso di conoscere questo concetto.

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