Nell’oratorio del mio quartiere svetta un murales proprio sopra ai campi di basket e di calcio dove giocano i bambini. Dice: “Se vinci sempre non sai cosa ti perdi” e trovo che sia una delle cose più sane e intelligenti da dire a chi si sta approcciando a un contesto competitivo come quello dello sport.

Saper perdere significa non solo accettare la sconfitta ma mettersi anche nei panni degli altri, saper riconoscere le sensazioni di frustrazione, rabbia e tristezza, avere contezza dei tempi di recupero mentali e fisici dopo una débacle.
Saper perdere è un sapere, una competenza nel senso stretto. Non si tratta solo di abbozzare, di rassegnarsi a uno sforzo finito male. Al contrario, può essere un momento di grande consapevolezza in cui si capiscono meglio se stessi, gli altri e – letteralmente – le regole del gioco. È ciò che ti permette di cambiare e di innovare.
Nella cultura manageriale più recente si fa un gran parlare dell’importanza del fallimento, dell’errore, della vulnerabilità. Ma va detto che finora nelle aziende la prassi è stata quella di nascondere gli errori, puntare il dito, scaricare le responsabilità, in nome della difesa della propria reputazione.
Secondo Simon Sinek “in un team in cui regna la fiducia, non si è a disagio nell’esprimere la propria vulnerabilità, ad alzare la mano e ammettere che si è commesso un errore, ad assumersi la responsabilità dei propri comportamenti e chiedere aiuto”1. «La fiducia è fatta di momenti di reciproca vulnerabilità accumulati nel tempo». Viene dato ad altri il potere di distruggerci, fidandoci che non lo faranno.
Ammettere i propri errori e avere il coraggio di farsi vedere nelle proprie debolezze è la chiave di volta per una relazione più autentica con i propri interlocutori, che siano colleghi, clienti o collaboratori.



Avere l’umiltà di accettare gli sbagli propri e altrui, in un mondo con poche certezze e ancora meno punti cardinali, può aprire le porte a nuove opportunità. Senza contare che aumenta la serenità dei collaboratori, più incoraggiati a percorrere sentieri inesplorati. Secondo alcuni autori, “la vulnerabilità oggi è l’agente più importante di change management”.

Di errore e arte di sbagliare abbiamo parlato la scorsa settimana con Maurizia Cacciatori , ex capitana della nazionale di pallavolo italiana; Francesco Pinto, co-fondatore del Gruppo Yamamay; Mario Casella, in un evento che ha accolto oltre 250 persone organizzato da HR Ticino, che ringrazio ancora per l’opportunità.
1. https://innovationcolors.it/il-gioco-infinito-di-simon-sinek/
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