
Qualche settimana fa è morto lo scrittore Abraham Yehoshua, e ho colto l’occasione per recuperare dalla libreria un suo romanzo, che avevo acquistato all’epoca ma non ancora letto: Il responsabile delle Risorse Umane.
Inizio col dire che, molto più del cinema, la letteratura a mio parere è in grado di restituire la complessità delle relazioni e delle emozioni che può dare un posto di lavoro.
Penso sia pretestuoso fare una recensione di un libro che quest’anno compie il passaggio alla maggiore età. Mi limiterò quindi a elencare i motivi per cui mi è piaciuto.
Non esistono nomi propri, se non quello della protagonista, una ex dipendente del panificio industriale rimasta vittima di un attentato nel centro di Gerusalemme. Tutti gli altri protagonisti vengono sempre nominati attraverso il loro ruolo. Il giornalista, il responsabile della produzione, la segretaria, il responsabile delle risorse umane appunto.
Un romanzo che pare un organigramma, dove però i personaggi non vengono a ridotti a semplici etichette, ma al contrario sono ritratti a tutto tondo, facendo emergere spesso tratti controversi e contraddittori della propria personalità.
Della protagonista scomparsa l’azienda sembra non avere memoria alcuna. Ma quando si interrogano i colleghi, invece dell’entità azienda, ecco che emergono ricordi, emozioni, sfumature microscopiche. A volte l’azienda è un parafulmine per non conoscere l’altro, e una visione puramente amministrativa delle risorse umane non può che avvalorare questa distanza, a tutti i livelli.
Il responsabile delle risorse umane non era nato per fare il responsabile delle risorse umane. E l’evento tragico che mette in moto tutta la narrazione dimostra come non necessariamente si abbiano sempre tutti gli strumenti per gestire le varie umanità, nonostante il ruolo deputato. E che tutti meritano compassione, quando sono alla ricerca di un senso per sé e per il lavoro che si fa fare anche agli altri.
“In una notte di tempesta come questa è preferibile avere a che fare con materiali inerti piuttosto che con una fragile umanità ferita. Qui è possibile correggere gli errori con il semplice movimento di un interruttore o la pressione di un pulsante.”
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