
Chi ha vissuto una discontinuità professionale, chi ha avuto un incidente di percorso, chi è stato licenziato e chi ha deciso deliberatamente di andarsene ha vissuto quel senso di vuoto e di perdità di identità. Se ha un buon curriculum alle spalle, imparerà nel giro di poco quanto è “difficilissimo rinunciare a quegli sguardi pieni di orgoglio e di riconoscenza”.
Sa cosa significa trovarsi a metà di un salto, perché spinti fuori o perché si è presa la rincorsa, e non essere sicuri di dove poggerà il piede, la prossima voltà, né quanto lunga sarà la traiettoria del balzo. E sa di portare con sé anche la propria famiglia “nel mondo dell’imprevisto con un biglietto di sola andata”, con tutti i sensi di colpa che ne derivano.
La lettera aperta di Annalisa Monfreda sulle sue dimissioni da direttrice di Donna Moderna è talmente bella e vera, talmente profonda e forte nella sua vulnerabilità, che è difficile aggiungere qualcosa di valore.
Non si può che ringraziarla, specie per quella speranza che regala a chi si trova in questa terra di mezzo:
“Il vero senso di giocare in squadra è che giochi anche quando sei in panchina. Giochi anche mentre ti riposi e ti ricostruisci i muscoli. E questo è il vero privilegio che oggi mi riconosco: poter vivere questa scelta come una opportunità di ridisegnare il lavoro, l’esistenza, i miei stessi sogni“.
Ritrovare un senso e uno slancio nelle Grandi e Piccole Dimissioni: forse tra i pochi lasciti che questo periodo ci consegnerà.
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