Sottolineature – La condizione operaia

Fonte: https://www.institutfrancais.it/firenze/simone-weil-pensiero-dismisura#/

Quest’estate ho conosciuto una donna eccezionale. Ne avevo già sentito parlare, ma non l’avevo mai letta. Si chiama Simone Weil, e proprio in agosto si è celebrato l’ottantottesimo anniversario della sua morte.

Una esistenza, la sua, fuori dal comune: Wikipedia la definisce una mistica, una filosofa, una scrittrice. Scomparsa a soli 34 anni, ha in effetti vissuto molte vite.

Fra le tante, anche quella all’interno della fabbrica dove lei, fragile e giovane intellettuale, vuole fare la conoscenza di prima mano de “La condizione operaia”.

Da questa esperienza nasce la base di un libro che comprende la sua testimonianza diretta di operaia sotto copertura nella Francia degli anni Trenta, lettere ai sui sodali accademici, ma anche ai direttori degli stabilimenti dove si trova a lavorare, saggi e articoli derivati da quei mesi.

Al di là della durezza e spietatezza delle condizioni narrate nel suo diario, mi ha colpito l’assoluta modernità del pensiero dell’autrice su questioni organizzative e di leadership.

Sarebbero tantissime le sottolineature da riportare, ho selezionato qui sotto quelle che più mi hanno colpito per forza umana e lucidità di analisi, talvolta eccezionalmente compenetrate.

***

“Lo sfinimento finisce col farmi dimenticare le vere ragioni della mia permanenza in fabbrica, rende quasi invincibile la più forte fra le tentazioni che comporta questo genere di vita: quella di non pensar più, unico mezzo per non soffrirne. Solo il sabato pomeriggio e la domenica mi tornano dei ricordi, dei lembi di idee, e mi ricordo che sono anche un essere pensante. Spavento che mi penetra constatando la condizione di dipendenza nella quale mi trovo di fronte alle circostanze esterne: sarebbe sufficiente ch’esse mi costringessero un giorno ad un la voro senza riposo settimanale – cosa che, dopotutto, i sempre possibile – e io diventerei un animale da soma docile e rassegnato (almeno per me). Solo il sentimento della fraternità, l’indignazione di fronte alle ingiustizi inflitte agli altri, rimangono intatti – ma fino a che punto potrebbe resistere? – Non sono tanto lontana di pensare che la salvezza dell’anima di un operaio dipenc nzitutto dalla sua costituzione fisica.”

“La schiavitù mi ha fatto perdere completamente il senso di avere dei diritti. Mi paiono un dono i momenti nei quali non devo sopportare nulla dalla brutalità degli uomini.”

“Che cosa ho guadagnato in questa esperienza? Il senso che non ho nessun diritto, di nessun genere e su nulla (attenzione a non perderla, questa coscienza). La capacità di essere moralmente autosufficiente, di vivere in questo stato di umiliazione latente e perpetua senza sentirmi umiliata ai miei propri occhi; di gustare intensamente ogni istante di libertà o di amicizia, come se dovesse essere eterno. Un contatto diretto con la vita…”

“Si ha sempre bisogno per sé medesimi di segni esterni del proprio valore.”

“Sul lavoro operaio – Non si può pensare ad altro, non si pensa nulla.”

“Non dimenticare che il sonno è la cosa più necessaria il lavoro.”

“‹Hai bisogno d’una disciplina dell’attenzione che ti è affatto nuova: saper passare dall’attenzione legata alla riflessione a quella che è libera dalla riflessione. E inversa-mente. Altrimenti ti degraderai o farai male il lavoro: è una disciplina.›”

“L’ignoranza totale circa l’oggetto del proprio lavoro a enormemente demoralizzante. Non si ha il senso che dai nostri sforzi esca un prodotto. Non ci si sente affatto pro duttori. Non si ha neppure coscienza del rapporto fra lavoro e salario. L’attività pare arbitrariamente imposta e arbitrariamente retribuita. Si ha l’impressione d’essere un po’ come ragazzi ai quali la madre, per farli star tranquilli, dà a infilar perline promettendo, per dopo, le caramelle.”

“Domanda: Si possono creare macchine automatiche

multiple? Perché no?

Ideale: 1. Che ci fosse autorità solo dell’uomo sulla cosa e non dell’uomo sull’uomo.

2. Che quanto, nel lavoro, non è traduzione d’un pensiero in atto sia affidato alla cosa.

(Che il lavoro parcellario sia compiuto dalla macchi-na…) con un’idea universale delle trasformazioni dei movimenti.

Che tutte le nozioni di fisica esprimano direttamente realtà tecniche (ma sottoforma di rapporto).

Ad esempio: potenza.”

E nella sua proposta di articolo rivolto agli operai nel giornale di fabbrica.:

Ecco cosa vi chiedo. Se una sera o una domenica, im. provvisamente, vi fa male dover sempre chiudere in voi stessi quel che vi pesa sull’anima, prendete carta e pen. na. Non cercate frasi difficili. Scrivete le prime parole che vi verranno in mente. E dite che cos’è, per voi, il vostro lavoro.

Dite se il lavoro vi fa soffrire, raccontate quelle soffe. renze, e siano tanto quelle morali quanto quelle fisiche.

Dite se ci sono momenti che non ne potete più; se talvolta la monotonia del lavoro vi disgusta; se soffrite di esser sempre preoccupati dalla necessità d’andar presto; se soffrite di esser sempre agli ordini di un capo.

Dite anche se provate talvolta la gioia del lavoro, la fierezza dello sforzo compiuto. Se vi accade di prendere interesse a quel che state facendo. Se certi giorni vi fa piacere accorgervi che il lavoro va presto, e che quindi state guadagnando bene. Se talvolta potete passare delle ore a lavorare macchinalmente, quasi senza accorgervene, pensando ad altro, lasciandovi andare a gradevoli fantasticherie. Se siete contenti, qualche volta, di dover solo eseguire compiti che altri vi dà senza aver bisogno di faticar di cervello.

Dite, in generale, se trovate lungo il tempo trascorso in officina, o breve. Forse dipende dai giorni. Cercate allora di rendervi conto da che cosa dipenda esattamente.

Dite se siete pieni di buona volontà quando andate al lavoro oppure se tutte le mattine pensate: « Viva la sirena dell’uscita! ». Dite se la sera uscite allegramente oppure se siete sfiniti, svuotati, ammazzati dalla giornata di lavoro.

Dite infine se, in officina, vi sentite sostenuti dal conforto di trovarvi in mezzo ad amici o, invece, se vi sentite soli.

Soprattutto dite tutto quello che vi verrà in mente, tutto quel che vi pesa sull’anima.”

“I vostri compagni vi leggeranno. Se la pensano come voi, saranno ben contenti di veder stampate cose che forse si agitavano in fondo al loro cuore senza potersi tradurre in parole; o forse cose che avrebbero saputo esprimere ma che forzatamente tacevano. Se la pensano diversamente, prenderanno la penna in mano, a loro vol-ta, per spiegarsi. In ogni modo vi capirete meglio gli uni con gli altri. Sarà tanto di guadagnato per il vostro cameratismo e sarà già un gran bene.”

“Non ho nessun compito di responsabilità nella fabbricazione delle cucine economiche. Quel che mi interessa è solo il benessere fisico e morale di coloro che le fabbricano.”

“Sia detto di passaggio, sarei stata riconoscente ad un capo che un giorno avesse voluto assegnarmi qualche compito, anche se penoso, sporco, pericoloso e mal re-tribuito, ma che da parte sua avesse implicato una qualche fiducia in me; e, quel giorno, avrei obbedito di tutto cuore. E sono sicura che molti operai siano come me. C’è in tutto questo una risorsa morale che non viene utilizzata.”

“Parallelamente all’organizzazione generale della formazione professionale, occorre prendere progressiva. mente, nelle aziende, le misure adatte ad interessare gli operai al loro lavoro senza che questo si risolva solo nel desiderio del guadagno. Gli operai non devono più ignorare quello che fabbricano, lavorare un pezzo senza sapere dove andrà; occorre dar loro il senso di collaborare ad un’opera, dare la nozione del coordinamento dei lavori. Il mezzo migliore sarebbe forse quello di organizzare al sabato visite dell’azienda, a squadre (con l’autorizzazione, per gli ope-rai, di portare le loro famiglie), che avverrebbero sotto la guida di un tecnico qualificato capace di fornire una spiegazione semplice ed interessante. Sarebbe egualmente bene informare gli operai di tutte le innovazioni, mutamenti di metodi, nuove fabbricazioni, perfezionamenti tecnici. Bisogna dar loro il senso che l’azienda vive e che essi partecipano di quella vita. La direzione e la sezione sindacale debbono collaborare a questo fine in modo permanente. Occorre anche cercare altri mezzi, che non siano i classici premi, per stimolare i suggerimenti. Da suggerimenti che comportano un permanente vantaggio all’azienda è giusto che gli operai traggano un vantaggio permanente.”

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