Che cosa serve per lavorare da casa con dei bambini, fare bene il proprio lavoro di professionisti e di genitori, e possibilmente non impazzire?
Quello che stiamo facendo in questi giorni non è Smart working, che è contraddistinto da autonomia organizzativa e libertà nella scelta dei tempi, dei luoghi e degli strumenti con cui lavorare. Al contrario, è una via di mezzo tra tele lavoro e remote working. O, come lo ha giustamente definito la mamma di una bambina in classe con mio figlio, è super working.
“I miei genitori facevano già Smart working, solo adesso fanno il triplo delle chiamate Skype che facevano di solito”. Così ha scritto il figlio di otto anni di una ex collega, in un tema che gli ha commissionato lei per capire come si stava vivendo questo periodo di convivenza h24 con genitori entrambi lavoranti.
Ecco, la questione è proprio questa. Per alcuni di noi lo smart working non era una novità, per altri ci si è man mano abituati, con alterne fatiche. Per altri ancora, è accaduto un rovesciamento di prospettiva: “in quanto freelance che lavorava fissa da casa, mi sono vista invadere il mio ufficio da mia figlia e dal mio compagno”.
Se pensiamo ai bambini, è la loro intera quotidianità a non avere più coordinate: niente materna, niente amici, niente parco, ma genitori a portata di mano sempre. Peccato che dobbiamo lavorare.
Come spiegarglielo? Come organizzare la loro routine? Come sfruttare le competenze professionali per gestire la situazione familiare e come – viceversa – mettere a fattor comune le skill genitoriali per lavorare meglio?
Ne abbiamo parlato in un webinar organizzato da Elis io e Pino Mercuri, HR director di Agos, con cui ragioniamo da tempo sul “futuro del lavoro spiegato ai nostri figli”
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Qui il link alla registrazione: dura un’oretta e (spoiler) Masha e Orso ne escono vincitori.

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