Domande e bolle: ovvero, tutti si meritano un grande manager

A fine ottobre sono stata al World Business Forum, annuale appuntamento di formazione di management e di networking. Rispetto alle passate edizioni, mi hanno colpito due cose.

La prima è stata il focus sulle domande. Presi dall’execution, mettiamo spesso da parte non solo la ragione per cui facciamo quello che facciamo, ma perdiamo di vista questioni di base banalmente perché non ci interroghiamo (e non interroghiamo gli altri) sul cosa, come, chi, quando e perché del nostro fare quotidiano. Certo, non possiamo continuamente mettere in discussione ogni minima scelta. Però non farlo neanche mai non può essere una alternativa. In questo, il giornalismo è una grande scuola: chi ti legge (e chi lavora con te e per te) deve capire nelle prime righe il who, what, when, how and why (le famose 5 W) e possibilmente gliele devi poi spiegare e riassumere, ancora e ancora, per averlo sempre a bordo.

La seconda cosa che mi ha colpito è stata l’assenza di soluzioni di leadership ready-made, pronte all’uso. E questa mi sembra una fantastica ammissione di vulnerabilità – e quindi di forza – da parte di chi guida aziende o team. Più di uno speaker, al posto di proporre il suo singolo mantra manageriale del caso, ha parlato di una sorta di “bolla” entro cui far accadere le cose. Come a dire, mettiamo nel cassetto l’approccio “io ordino – tu esegui” e portiamo più noi stessi sul lavoro.

Ho approfondito questi temi con una delle relatrici, che ha appena scritto per Franco Angeli “Tutti si meritano un grande manager” e ne ho scritto per il Corriere.it.

 

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