
Tanto sono ghiotta di articoli e studi sul futuro del lavoro, quanto devo soffrire di una specie di allergia quanto leggo titoloni dedicati ai lavori del futuro. Anche io, bene inteso, non mi sono sottratta nel dare il mio contributo a questo genere di contenuti. Col tempo (e con le cantonate che ho preso) mi sono resa sempre più consapevole che si trattava quasi sempre di terni al lotto o di approssimazioni – con potenziali ripercussioni negative su chi è alla ricerca di un orientamento professionale.
L’allergia si è ripresentata con l’impazzare di articoli sul Chief Remote Officer, figura che si occuperà di recruiting su scala globale, di diversity and inclusion, con un occhio alla cybersecurity, alla tecnologia e al saper vendere a distanza, non solo tramite l’ecommerce. Un po’ un mescolone, detta così, anche ovviamente se non mancano elementi interessanti [vedi sotto].
Quel che è certo però è che servono persone che sappiano creare e soprattutto mantenere una cultura aziendale viva, anche se non vissuta quotidianamente fra le mura di un ufficio, con l’alternanza fra fisico e virtuale, con team dislocati geograficamente, con distinzioni sempre più sfumate fra vita e lavoro, con collaboratori di generazioni, provenienze, orientamenti sessuali o religiosi differenti.
Allora, a pensarci meglio, concentrarsi solo sul concetto di remoto, è quello che mi fa venire l’allergia. Remoto vuol dire lontano, nel tempo e nello spazio, a distanza. E sicuramente, questa è la novità principale della nuova era del lavoro appena iniziata. E per quanto abbia – è evidente – bisogno di una formazione e di strumenti per essere gestita, non è di certo l’unica.
L’employee experience, per quanto ben disegnata e progettata, è vissuta in tutta la sua complessità ed è per natura multiforme. Senza contare che, legittimamente, ciascuno ci mette anche del suo, anche rigettandola. Appiattire la portata delle new ways of working alla sola dimensione prossemica non restituisce l’enorme trasformazione che le persone e le organizzazioni si trovano davanti nel 2021. Remoto è anche un tempo verbale rivolto a passato e trapassato, che invece ha tanto bisogno di futuro.
Qualche articolo sul Chief Remote Officer (con diversi spunti interessanti):
https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2021/01/19/manager-futuro-remote-leader/
https://wrkfrce.com/why-you-should-hire-a-chief-remote-officer/
https://www.washingtonpost.com/business/2020/09/09/head-of-remote-work-jobs/
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