
Con la mia rubrica Sottolineature cerco da oramai qualche anno di incuriosire chi mi legge su libri che a vario titolo parlano di lavoro e che mi hanno colpito.
Di questi, riporto appunto alcuni stralci, perché particolarmente illuminanti o perché fulminei nel loro esprimere un concetto.
“Il prodigio”, chiariamolo subito, non parla di lavoro. Ma è di gran lunga il più bel libro che ho letto in questo 2025, illuminante e fulmineo.
Senza parlarne mai, parla di
Milano, del suo mancato salto definitivo nella contemporaneità
Pandemia, e di come ognuno abbia reagito a modo suo
Personaggi pubblici, nelle loro nefandezze ma anche nelle loro debolezze
Spiritualità, e di come possa nutrirsi di simulacri molto differenti
Lavoro, nel suo svuotarsi di significato
Riporto una unica sottolineatura, di rara potenza, che parla della rivolta degli impiegati, che dicono no alla normalità, che normalità non è più:
E hanno un bello strillare i capiufficio e i capireparto e i capisettore e sempre più su lungo la scala gerarchica fino agli amministratori delegati e ai CEO e ai CDA e ai presidenti, a dire siete impazziti, tornate a lavorare, vi licenziamo tutti, per poi sentirsi rispondere che è proprio quello che stanno facendo, si licenziano tutti, e poi a telefonare come pazzi a consiglieri comunali e assessori e al sindaco, ai sottosegretari, ai ministri e di nuovo su lungo la scala istituzionale del potere fino al presidente del Consiglio per dire fate tornare la gente a lavorare o qua si ferma tutto, e poi ai direttori di giornali e tv per dire riempite di merda questa gente, solo per sentirsi rispondere che anche nelle redazioni dei giornali e nelle tv il personale è ridotto ai minimi termini perché il segnale è arrivato anche lì, anche per buttare merda serve manovalanza e in questo momento il personale è in sciopero indeterminato sotto una sola sigla sindacale: c’è un Volto nel cielo, non potete aspettarvi che tutto continui come prima. E intanto dagli schermi Folker continua a parlare, come un fantasma ubiquo e senza corpo: «È successo qualcosa d’imprevisto: da un giorno all’altro la gente di questa città ha alzato gli occhi al cielo e ha cominciato a desiderare. Lo dico al sindaco, lo dico al presidente, lo dico al vescovo e al papa: questo non è più il vostro esperimento. È il nostro. Questo non è più il vostro Paese. È il nostro. Rifiutiamo il vostro or-dine: stiamo facendo il nostro. Rifiutiamo la vostra legge: facciamo la nostra. Noi diciamo no al governo dei morti: stiamo facendo il nostro. Diciamo no ai vostri corpi militarizzati e binari: stiamo facendo i nostri. Diciamo no ai vostri corpi fallici e convessi: stiamo facendo i nostri. Diciamo no alla vostra normalità: ne stiamo facendo un’al-tra. Abbiamo scoperto che possiamo vivere e che vogliamo vivere, e infatti vivremo. Anche senza di voi. Andate via. Non servite più».
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