Omaggio a Monster

È passato più di un mese da quando i siti di Monster di tutto il mondo sono stati spenti. Così, da un momento all’altro, senza che neanche i dipendenti fossero avvisati. Dipendenti che hanno perso il lavoro, sono stati lasciati senza stipendio, che hanno faticato non poco a farsi sentire. Dipendenti che, in un numero consistente, sono anche miei amici. Perché in Monster ho lavorato per 5 anni, dal 2004 al 2009, e questo è il mio omaggio a loro e a Monster stesso.

“Giovani, carini e molto occupati” recitavano gli articoli che all’epoca parlavano di noi. E come potete vedere dalla foto sopra, non era soltanto la parafrasi del titolo di un film in voga al tempo. Eravamo in effetti una trentina di giovanissimi, guidati (ma anche lasciati liberi di fare), da alcuni senior, che avevano un sogno: trasformare il modo in cui si cercava lavoro.

Per chi in quegli anni ci è nato, può sembrare una cosa impossibile o un ricordo cringe da boomer. Ma nel 2004 gli annunci di lavoro online pubblicati mensilmente erano qualche centinaia in tutto, mentre quando ho lasciato l’azienda, febbraio 2009, erano oltre 100.000 (da scrivere con tutti gli zeri). Tutto il resto passava da passaparola, cartelli davanti alle fabbriche o alle gelaterie, annunci sui giornali. O niente, si andava di selezione diretta, senza che mai quella posizione vacante potesse finire nel radar di chi cercava lavoro.

Eravamo animati da una missione, elettrizzati da un mondo digitale che stava finalmente prendendo piede, rinvigoriti da una trasformazione che, non si sa bene come, stavamo guidando. I colleghi commerciali, che facevano emergere posizioni aperte fino ad allora gestite informalmente, noi del marketing e della comunicazione che giocavamo con formati e creatività nuove che mai erano state applicate al lavoro prima.

Ci siamo inventati i Monster University Tour, le fiere digitali del lavoro, le guide per aiutare i candidati, i company profile per le aziende. Eravamo una testata giornalistica unica nel suo genere, lanciavamo spot radio (

) e TV dissacranti (https://youtu.be/ineomNgLcwg?si=Fer27GMgE7XQ2hJs) (https://youtu.be/wikADgyrq1Q?si=HqwfaYIR7vY6yBai); avevamo sistemi di CRM e di tracciatura delle candidature che non sfigurerebbero neppure oggi.

Facevamo employer branding prima che si sapesse ancora che si chiamava così. Eravamo guardati con molta curiosità (anche dal Ministero del Lavoro), qualche scetticismo (da alcuni HRD d’annata), un po’ di acredine (i giornali tradizionali in particolare si sentivano a ragione minacciati nella loro quota di RPQ (vediamo chi si ricorda di cosa sto parlando).

Sono stati anni pazzeschi, in cui abbiamo portato il recruiting dalla carta al digitale, sia a livello di annunci che di CV. Facevamo i colloqui su Skype e su ICQ (questa è più difficile), o anche solo al telefono, nel biasimo generale. Ho lavorato con professionisti che ancora oggi hanno molto da dire nel settore, ho imparato un mestiere, conosciuto persone in tutto il mondo, mi è stata data una fiducia sconsiderata. Sono stati anni bellissimi professionalmente e difficilissimi personalmente, e anche qui ho trovato un’attenzione e una cura per la quale provo tuttora una gratitudine sconfinata.

Poi, ero ormai uscita, hanno iniziato ad arrivare altri competitor e non si è capita la sfida del 2.0 (fun fact: c’era stata anche un piano per una proposta di acquisto di LinkedIn, nel 2007 o giù di lì, ma non se ne fece nulla), gli investimenti in innovazione sono inspiegabilmente calati, e nel 2016 è arrivata l’acquisizione da parte di Randstad, che nei fatti ha man mano spento i motori fino allo schianto di fine luglio (https://www.informazionesenzafiltro.it/09-08-2025-monster-dipendenti-randstad; altre coperture stampa non pervenute).

Un pezzo di storia del lavoro, iniziato con Banca Lavoro, proseguito con jobpilot e jobline e infine con Monster, se ne è andato per sempre. Fa parte della naturale evoluzione delle cose, vent’anni fa era una disruption assoluta, adesso sarebbe un modello impossibile da far funzionare senza opportuni investimenti e aggiornamenti. Varrà anche per LinkedIn, adesso che OpenAi ha appena annunciato il lancio di un progetto anche in ambito Jobs (https://openai.com/index/expanding-economic-opportunity-with-ai/)? Non è stato così quando ci hanno provato Google o Facebook, finora l’acquisizione da parte di Microsoft della piattaforma fondata da Hoffman è stata a ROi positivo. Ma intanto il modello job board può dirsi definitivamente estinto.

C’è un vuoto nel mio cuore, e so che è condiviso da chi ha vissuto quell’età dell’oro in cui tutto sembrava possibile, e che è in parte lo è stato per davvero.

Evviva Monster, evviva le mie colleghe e i miei colleghi!

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