Ci sono due modi per fotografare l’Italia del lavoro. Non sono necessariamente in contrapposizione, ma sicuramente a considerarli nella loro specularità danno lo spunto per qualche riflessione.
Da un lato ci sono i numeri dell’ISTAT, che restituiscono un quadro occupazionale piuttosto florido, che raramente si era visto nel passato recente. Di fatto, secondo le ultime rilevazioni nel nostro Paese continua a salire l’occupazione (+0,4%), a scendere la disoccupazione (6,9%, – 0,2 punti percentuali); oltre che a diminuire il numero degli inattivi (anche se resta alto, specie su giovani NEET e donne).
Dall’altro c’è il Report sullo State of Global Workplace 2024 di Gallup, un’autorità mondiale sui temi dell’employee experience. Qui sotto alcuni dati sull’Italia e alcuni insight dal workshop di presentazione; qui invece il report completo.
Siamo i numeri 1 ( a livello europeo) per quanto riguarda la percentuale di sabotatori. Il 25% dei lavoratori italiani un tale livello di avversione rispetto al proprio lavoro da ostacolarlo attivamente. Una persona su quattro si comporta dunque in maniera oppositiva rispetto agli obiettivi aziendali: il dato più alto registrato nel nostro Paese dal 2018 Se consideriamo il rimanente 75%, i due terzo non ha la minima spinta o desiderio di contribuire proattivamente. A tutti gli effetti, dei quiet quitters. Unica “buona” notizia: raddoppia rispetto al 2023 la percentuale dei cosidetti engaged, che dal 4% raggiunge l’8%. Pur sempre terzultimi in Europa e fra gli ultimi al mondo.
Siamo medaglia di bronzo rispetto ai lavoratori più tristi nel nostro continente, dopo Cipro e il Regno Unito. di nuovo, 1 intervistato su 4 dichiara di essersi sentito triste il giorno precedente al lavoro.
C’è un aspetto su cui i lavoratori italiani sono più ottimisti rispetto a un tempo, ma c’è poco da stare allegri, in una prospettiva aziendale. Uno su tre ritiene che questo sia un buon momento per cambiare lavoro (+12 punti rispetto all’anno scorso), confortato probabilmente dai dati ISTAT in apertura di questo post. Nel concreto, siamo secondi per intent to leave e il 41% sta già attualmente cercando un nuovo impiego.
Siamo settimi a livello europeo per stress, ma 31imi per episodi di rabbia. Quanto al wellbeing in Italia, per il 41% degli intervistati la situazione è positiva: facciamo quindi meglio della media globale del 34%, ma peggio della media europea del 47%. Ciò significa che la maggioranza (59%) sta facendo fatica o soffre. Persino in un Paese con un quadro occupazionale che non è stato mai più roseo di così, almeno nell’ultimo periodo. Perché, per quanto la dimensione salariale sia fondamentale, non è su quella che si poggia il nostro star bene al lavoro.

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